Molto spesso siamo portati a pensare che gli uomini antichi e loro vicende siano un qualcosa di lontano nello spazio e nel tempo. Ma che dire se poi ci accorgiamo di possedere questo tesoro storico e materiale sotto i nostri piedi? Ebbene si. Il sito archeologico più antico di Milano si trova proprio da noi, in Barona, nell'area che fino a qualche decennio fa ospitava la Cascina Ranza.
Un tesoro d...
i 4600 anni fa, alla fine dell'epoca sumera in Mesopotamia e all'inizio del Regno Antico in Egitto.
Una persona interessata e non a conoscenza di questi fatti potrebbe dire 'Bene! Andiamo a visitarlo!'... ma questo sito non si trova in un museo, non è recintato, non c'è un punto informazioni...è davvero invisibile ed intangibile.
Scoperto per caso sul finire dell'Ottocento (1887-88) in un terreno sconvolto dalle trivellazioni per creare una cava di argilla, gli interessi economici non avevano già allora tardato a vincere sull'importanza culturale della scoperta.I pochi giorni concessi dai proprietari della cava all'archeologo che si occupava del ritrovamento (P. Castelfranco) servirono a mala pena a portare alla luce ed in salvo alcuni preziosi utensili. Molti altri vennero gettati via dagli stessi operai che li reputarono oggetti privi di una qualche rilevanza. L'archeologo autore dei primi studi, in interrogazioni successive rivolte a varie commissioni per la tutela del patrimonio archeologico, si sentì dire che il sito non era di particolare rilevanza e dunque non degno di ulteriori verifiche e scavi, nonostante tra gli studiosi si fosse già compresa all'epoca l'antichità e l'importanza di quei reperti.Non perdendosi d'animo Castelfranco, con l'aiuto dell'ing. De Strani, tornò sul luogo tre mesi dopo per cercare altri reperti scampati allo scempio: i due riuscirono quasi a duplicare il primo bottino.
Il quel luogo la cava sconvolse il terreno, l'espansione edilizia galoppante del Novecento contribuì senza dubbio a snaturare l'area e la costruzione della metropolitana smosse ulteriormente il prezioso sottosuolo.Come se non bastasse nel settembre 1999 venne pure rinvenuto un ordigno bellico che venne fatto brillare sul posto. Credo che non esista in Italia un sito archeologico più bistrattato di questo.
Ma fu solo con gli anni Novanta/Duemila che si diede il colpo di grazia all'area archeologica, fiaccando ogni speranza di portare alla luce un qualsiasi altro oggetto. Il sito, infatti, si estendeva esattamente dove ora sorge il complesso dello IULM, precisamente nel quadrilatero compreso tra il Lambretto ad Ovest, il capolinea di Romolo ad Est, via Schievano a Nord e Via Santander/Russoli a Sud.
Ma anche se il sito è ormai compromesso, la storia non può/deve essere cancellata dalla memoria. In quell'area non esiste alcun riferimento a quel ritrovamento, nessuna targa.
Per fortuna qualcuno è al corrente della presenza di questo importante sito e ha agito bene nel sollecitare l'interesse della popolazione e degli organi competenti in materia archeologica e di rappresentanza dei cittadini (http://www.verdinavigli.org/2001/12/13/mancata-tutela-del-sito-archeologico-virtuale e http://www.verdinavigli.org/2006/09/22/dove-finito-il-piu-importante-sito-del-bronzo-4600-anni-a-milano). Inutile dire che l'italiano menefreghismo e inciviltà la fanno il più delle volte da padrona. E' come se gli egiziani avessero raso al suolo le piramidi perchè avevano bisogno di terreno per le nuove villette della periferia di Giza...
Oggi quegli oggetti rinvenuti da Castelfranco e De Strani sono custoditi presso il Civico Museo Archeologico di Milano, presso il Castello Sforzesco, mentre attualmente si continua a costruire sul sito dove sono stati ritrovati.
Salvaguardare quel sito non è solo un atto dovuto in quanto rappresenta un tassello tanto antico quanto importante della nostra storia, ma anche un atto di civiltà volto alla conservazione della nostra identità culturale locale e nazionale.
Prima che del sito si perda anche la memoria possiamo adoperarci tutti nel ricordarne l'esistenza e raccontarla agli altri, creando un circolo virtuoso che porti ad un formale riconoscimento quando, in tempi futuri meno sospetti, si riprenderà ad investire sulla cultura e sul patrimonio.